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Source: Gazzetta.it
Intervista a Ianez
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- Published on Mercoledì, 07 Aprile 2021 16:58
- Scritto da Andrea Turetta
- Visite: 627
“Minerva”, il nuovo singolo di Ianez (prodotto da Fabio Tumini per Satellite Records) è disponibile dall’1 Aprile su tutte le piattaforme digitali (in radio dal 2 Aprile), accompagnato dall’onirico videoclip per la regia di Antonella Giuliano. Il videoclip è stato girato nel “Piccolo circolo garibaldino” un B&B all’interno di una palazzina signorile nel quale dopo un minuzioso restauro sono state riportate alla luce tutte le fasi della sua costruzione, dal periodo romano, passando per il medievale fino al novecento. Arianna Giampietro è l’attrice che assieme a Ianez interpreta, in una trasposizione d’immagine, la poetica del brano e il suo significato. Lei: “Minerva” è solo un ricordo, ma è così intenso da risultare tangibile, un ricordo del quale liberarsi per ricominciare da capo. La base del brano è interamente realizzata da Fabio Tumini ex chitarrista della Differenza (Sanremo 2005 con il brano “Che farò”), tour manager, fonico e produttore della Satellite Rec. Le linee di basso sono di Lorenzo D’Annunzio, testi e voce sono di Ianez. Prodotto e mixato negli studi della Satellite Rec. Ecco l’intervista gentilmente rilasciata…
“Minerva”, è il tuo nuovo singolo. Minerva, dea della saggezza, come si inserisce in questo tuo brano?
Nel brano, la dea romana Minerva, per i greci Atena, diventa metafora dell’ossessione, del tormento. Come nella mitologia dove Giove arriva a chiedere ad Efesto di spaccargli la testa con un’ascia pur di liberarsi da un mal di testa insopportabile, allo stesso modo il protagonista del brano vuole liberarsi da un sentimento a senso unico che gli porta solo dolore.
Il videoclip è stato ideato e realizzato da Antonella Giuliano. Che tipo di esperienza è stata vederlo nascere?
È stato emozionante e anche divertente. Non sapevamo cosa sarebbe venuto fuori con il montaggio perché durante le riprese Antonella ci guidava scena per scena senza dare un senso cronologico. Dopo quattro ore in quell’ambiente psichedelico eravamo disorientati, sembravamo un gruppo di Hippy usciti da Woodstock. Qualche giorno più tardi è arrivata l’anteprima da Antonella e vedere che quel casino senza un apparente filo logico era stato trasformato in un video sensuale e delicato come quello di Minerva è stato come assistere alla metamorfosi di una farfalla.
Alla produzione del pezzo c’è Fabio Tumini ex chitarrista de La Differenza. Come ti sei trovato a lavorare con lui e qual è stato il suo contributo alla riuscita del brano?
Ianez è un progetto solista con un’anima da band. Fabio è un amico, ci conosciamo da parecchio tempo e si era già parlato di collaborare ma senza mai arrivare ad un dunque. Il progetto Ianez ci ha fatto scoprire una affinità artistica che poche volte capita, siamo in linea, si è innescata naturalmente una bella sinergia tra tutti e tre, anche Lorenzo è un pezzo fondamentale di: “Ianez”. Abbiamo dei ruoli, io scrivo i testi, ci metto voce e immagine, Lorenzo le linee di basso e Fabio è tutto il resto, spesso, come nel caso di Minerva, è proprio lui a dare il via alla nascita dei brani.
Quanto c’è voluto per mettere insieme il tuo nuovo singolo?
Poco, davvero poco. Fabio una mattina mi manda una bozza di base accompagnata da un: “cosa ne pensi ?” dopo un paio di giorni linea di voce e testo erano pronti. Quando i pezzi si evolvono con tanta leggerezza, senza dover forzare, è già un bel segnale e significa che funzionano.
La semplicità è la maniera migliore per un artista, di arrivare al cuore dell’ascoltatore?
Sicuramente è un modo per arrivare ad una fetta più ampia di pubblico, ma riuscire ad essere semplici senza risultare banali è una delle cose più difficili. Poi dipende dall’artista, a chi si rivolge, cosa vuole trasmettere e come ha intenzione di farlo. Sono dell’idea che essere naturali, essere se stessi, sia l’unico modo per arrivare al cuore dell’ascoltatore.
Da anni, il mercato discografico vive delle profonde trasformazioni. Pensi siamo ormai ad un punto di svolta?
Bella domanda!!! Il mercato discografico si trasforma al passo con la tecnologia e la tecnologia è in perpetua evoluzione. Probabilmente si sono andate a delinearsi determinate dinamiche che dureranno fino alla prossima grande innovazione ma non saprei dire se siamo ad una svolta.
La musica italiana ha offerto tanto negli anni scorsi, pensi abbia ancora tante buone carte da giocarsi?
Senza dubbio. La musica, l’arte in generale, è influenzata dalla società, dalla politica, dagli eventi, quindi ogni periodo viene immortalato, criticato, vissuto attraverso il filtro di una sensibilità differente, quella dell’artista. Abbiamo sempre la sensazione che: “prima era meglio” e troppo spesso esaltiamo il passato sminuendo, snobbando il presente, lo stesso presente che domani esalteremo ricordandolo migliore. Sicuramente esistono periodi artisticamente più proficui, periodi di rottura, di conquiste, di tragedie e grandi cambiamenti che ispirano gli artisti. Ricordiamo con affetto e malinconia il passato e questo lo rende migliore, il tempo ci fa dimenticare le cose brutte facendoci apparire un prima che non esiste. Teniamo presente, per fare un esempio, che nel 1984 usciva “Creuza de ma” di De Andrè, un capolavoro e contemporaneamente Giorgia Fiorio si presentava con “Se ti spogli” al festival di Sanremo, il testo ad un certo punto dice: “tu sei topo sei graffiti, hai i capelli come viti, tu sei tosto” credo possa bastare.
La tua passione per la musica è nata fin da bambino magari esibendoti per parenti ed amici,
o è stata una passione nata successivamente?
La mia passione nasce da piccolissimo, non saprei dire quando di preciso ma alle elementari sapevo tutto l’album bianco dei Beatles a memoria. Non mi esibivo per parenti ed amici, ero molto introverso e con una situazione famigliare borderline, probabilmente arriva proprio da questo la necessità di scrivere e raccontare storie, e sfogare nel canto ciò che non si può contenere in un solo cuore perché fa male.
Quali sono gli artisti che più ti piacciono?
Tanti, proprio tanti. Da Jeff Buckley a Brunori, da Nine Inch Nails agli Zen Circus. Adoro le ambientazioni dei Baustelle e la panna di Fibra. Sono affezionato agli Afterhours, a Silvestri e Willie Peyote e i Coma Cose che sono entrati a far parte delle mie playlist. Ascolto tantissima musica di generi diversi.
Poesia e canzoni, quanto hanno in comune?
Le canzoni sono delle poesie, in comune hanno la metrica, hanno il ritmo e le metafore. C’è poesia anche dove non ci sono le parole e la musica riesce ad emozionare ad influenzare lo stato d’animo.
Oggi come vedi il mondo musicale giovanile?
Ci sono progetti interessanti, con una bella personalità e un panorama abbastanza variegato. Ovviamente anche tanti cloni ma è inevitabile, molti fanno musica con lo stampino ma non è un fattore generazionale, succede quando un genere musicale arriva ad essere una moda, allora anche i testi diventano monotematici.
Per chiudere, come vedi l’utilizzo della tecnologia nelle canzoni?
Lo vedo bene. Gli strumenti per fare musica non sono mai sbagliati, dipende sempre da come vengono usati. Anche l’Auto-Tune, può essere utilizzato per dare valore al brano diventando un vero e proprio strumento come ad esempio viene utilizzato da Madame che è bravissima, oppure può essere usato per nascondere il fatto di non saper assolutamente cantare e sono in tanti a farlo.