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Source: Gazzetta.it
Intervista con Mafalda Minnozzi
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- Published on Lunedì, 08 Febbraio 2021 15:46
- Scritto da Andrea Turetta
- Visite: 1019
E’ uscito su tutte le piattaforme digitali da venerdì 5 febbraio 2021, Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz (Deluxe Special Edition) è il nuovo album dell’eclettica cantante Mafalda Minnozzi licenziato dall’etichetta MAMA Prod. Art. In questo disco figurano nomi altisonanti della scena jazzistica mondiale. Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz (Deluxe Special Edition) esalta la pregevole tecnica vocale di Mafalda Minnozzi, la sua spiccata personalità artistica, il suo fascinoso carisma, la sua raffinatezza interpretativa, ma soprattutto l’anima “soulful” della cantante, anche grazie ai sopraffini arrangiamenti dal forte impatto emozionale, peculiarità che, da sempre, caratterizzano la fulgida carriera internazionale e multiculturale della Minnozzi, ricchissimo percorso artistico che si snoda in svariati Paesi dell’America del Sud, oltre che in Italia e negli Stati Uniti. Questa nuova produzione discografica, oltre a rappresentare un caloroso omaggio ad alcuni strepitosi compositori brasiliani meno noti in ambito jazzistico, tributa una vera e propria icona sacra come Antonio Carlos Jobim, il cui spirito artistico aleggia nell’intero album, dalla prima all’ultima traccia, influenza riconducibile al suo fortunato e fruttuoso sodalizio con João Gilberto. Questo scaturisce anche dal talento cristallino di Paul Ricci, che da fine arrangiatore ha collaborato con le cantanti Astrud e Bebel Gilberto, rispettivamente moglie e figlia dell’immenso João. Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz (Deluxe Special Edition) valorizza tutte le caratteristiche della musica brasiliana, ossia il mood melanconico e al tempo stesso festoso, brillantemente interpretato da Mafalda Minnozzi e dai suoi straordinari compagni di viaggio, oltre a Città Vuota-It’s a Lonely Town e Nessuno al Mondo-No Arms Can Ever Hold You, canzoni inserite nel CD per omaggiare il pubblico italiano, che la cantante interpreta con grazia e palpabile trasporto emotivo. Ecco l’intervista gentilmente rilasciata dall’artista…
Fin da bambina hai sempre avuto propensione verso l’arte e la musica?
M: Sì, fin da piccolissima ho avuto una grande disposizione naturale verso l’arte e verso la musica. Dalla scuola dell’infanzia fino ai miei sette anni, ho avuto la fortuna di frequentare a tempo pieno l’Istituto delle Suore Canossiane a Pavia che dedicava spazio all’arte, soprattutto alla musica classica. Nel pomeriggio avevamo per esempio esercitazioni all’ascolto, ma anche aule di disegno e lezioni di danza classica. Io ero attratta da tutto e la mia infinita immaginazione mi spingeva a fare cose che nessun altra compagna di scuola faceva, come salire su un banco per raccontare storie inventate e fantastiche, oppure cantare proiettando la mia voce dentro una pentola per ascoltarne il riverbero, o ancora comporre poesie ricalcando i versi di Prevert in cui inserivo le mie parole preferite, “luna”, “mare”, “corsa” e “libertà”, come fossero pezzi di un puzzle.
É uscito da poco il tuo nuovo album, Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz (Deluxe Special Edition) . Sei soddisfatta di quello che è il risultato finale?
M: Sono molto soddisfatta del risultato finale e anche sorpresa di come sia riuscita a condensare tanti elementi così diversi tra loro. Mi riferisco al ritmo, all’improvvisazione, alla traccia melodica, al contenuto profondo e poetico dei testi. Credo di essere riuscita a trasformarli in qualcosa di organico, rendendoli talmente fluidi da diventare indispensabili l’uno all’altro. I quindici brani dell’album contengono tutte le mie esperienze, i miei incontri e le mie passioni e spero che arrivino al cuore della gente in maniera del tutto naturale. Ciò che mi rende ancora più felice è che le emozioni si rinnovano ad ogni nuovo ascolto, perché l’approccio è sensoriale e legato alla percezione del momento.
Foto di Murilo Alvesso
Tra i brani, si nota la presenza di molti artisti di valore. Quanto contano queste collaborazioni artistiche per la riuscita di un brano?
M: Sì, è vero. Ho goduto della fiducia e della complicità preziosa di grandi anime artistiche. Il loro contributo è stato fondamentale per creare qualcosa di unico ed irripetibile. Sono tutti grandi professionisti che hanno come comune denominatore il talento, plasmato dallo studio, dal tempo, dalle esperienze e dall’umiltà, in un perenne esercizio di equilibrio e di generosità. Quando si decide di riunirsi in uno studio di registrazione per dar vita a un nuovo progetto musicale, ci si deve sentire parte di qualcosa che non sarà più solo nostro, perché fatto per emozionare gli altri. Tutti devono contribuire a un suono comune, a un’intesa. Se non c’è questo feeling, il risultato non sarà efficace.
Trovare un proprio stile è un passo importante per chi fa musica?
M: Per me è un discorso obbligatorio. Una lentissima costruzione verso la libertà. Si nasce con una voce che vive dentro un corpo, che a sua volta reagisce a tutti gli impulsi. Nel mio caso sono nata con un’intonazione naturale e un timbro vocale importante. A quel punto bisogna interrogarsi nel profondo e capire cosa si vuole fare con ciò che la natura ti ha così casualmente donato. Sono certa che si nasce artisti. Io sono stata sempre molto irrequieta e ostile all’omologazione e la ricerca di un mio stile musicale ha riguardato e riguarda tuttora la ricerca di uno stile di vita legato ai miei valori, per restare fedele al mio proprio credo. È stato un percorso anche fisico, in cui la curiosità mi ha spinto a incontrare luoghi, persone e quindi culture diverse, per sommare e aggregare altre conoscenze. Riconosco che, a oggi, la mia impronta stilistica è ben definita, anche se continua in costante evoluzione.
Credi che per una donna sia più difficile affermarsi nel mondo della musica?
M: Tutto diventa più difficile quando sei donna e nel mondo della musica lo è ancor di più. Il mio approccio come donna è stato e continua a essere vigile, cosciente e consapevole. Non sono mai stata né passiva né frivola, tanto meno accomodante. Essere donna può essere un grande privilegio, perché è un mondo stupendo di emozioni, sensibilità, dolcezza e sentimenti, una culla d’amore. Ed è per questo che ogni donna deve essere sempre protetta e rispettata e, aggiungo, ascoltata.
Per te, è stato difficile trovare chi credesse nelle tue qualità canore?
M: Senz’altro. È complicatissimo trovare qualcuno che creda in te quando l’argomento è così complesso da valutare. Entrano in gioco tanti fattori diversi che spesso non riguardano puramente il contenuto o il valore artistico. Il prodotto musicale può essere manipolato, inventato, costruito a proprio piacimento, ma anche scartato, lasciando indietro vite distrutte. Nel mio caso, è stata la gente che ha creduto in me e io ho creduto nelle loro reazioni, nelle loro meravigliose manifestazioni di affetto. Io ho sempre avuto dalla mia parte la platea, fatta di persone che mi amano e continuano a credere in me. Come d’altra parte stai facendo te, oggi, offrendomi questo spazio in cui posso raccontarmi. Sono anche stata fortunata nell'incontrare un grande amore, che ho sposato, e che ha sempre creduto in me confidando nel mio talento. Nel corso della mia lunga vita artistica ho trovato anche alcune persone di grande valore che hanno creduto in me: un direttore musicale sensibile, dei collaboratori fidati, ottimi musicisti, impresari artistici e due discografici visionari. Ho avuto dalla mia parte anche molti professionisti della comunicazione, specialmente conduttori televisivi e radiofonici e critici musicali, a cui va la mia eterna gratitudine.
In molti artisti, la ricerca e il viaggio sono fondamentali. Succede anche a te?
M: Il viaggio è fondamentale per poter incontrare la ricchezza negli altri ed entrare in contatto con altre menti, altri costumi e modi di vivere. Il viaggio, in tutte le sue fasi, ha un valore assoluto e nella mia esperienza è il porto dell’anima, il porto dei ricordi. Per me significa approdo, ripartenza, conoscenza. La mia musica è fatta di viaggi e spostamenti, perché il sapere viene dall’incontro e dallo scambio . Il viaggio è anche e soprattutto speranza e buona energia, necessarie per fare musica.
Foto di Murilo Alvesso
Quali sono i valori cui tieni di più?
La libertà, l’integrità morale, la giustizia, l’umiltà, l’onestà, l’amicizia.
Fare musica pensi debba essere più improvvisazione o studio?
M: Io credo che lo studio sia la base di partenza dei nostri comportamenti. Per me non è stato facile trovare il coraggio di contrastare la volontà di mio padre che avrebbe preferito che continuassi la sua attività commerciale. Per praticità ho conseguito una laurea breve in ingegneria elettronica. Poi ,a partire dai miei vent’anni, ho iniziato a dedicarmi totalmente alla musica e continuo a farlo. L’improvvisazione non caratterizza il mio percorso di vita né il mio percorso di musicista. Quando penso alla capacità dell’improvvisazione nel jazz non ho dubbi: senza studio ed esperienze non può esserci improvvisazione.
La scuola, a detta di molti, dovrebbe anche insegnare il rispetto e la conoscenza verso l’arte. Potrebbe essere un’arma valida per far risollevare le sorti di chi fa musica dopo questi anni di crisi?
M: Lo studio dell’arte e della musica deve essere al centro della formazione dell’individuo. Soprattutto a partire da questo momento storico che stiamo vivendo. Così come credo che dovrebbe avere più spazio lo studio della filosofia, atta a conoscere meglio il pensiero umano per metterlo a confronto con la storia dei popoli. Avvicinando la nostra osservazione all’arte possiamo dialogare con i nostri sentimenti più profondi, perché ci ritroviamo su un piano spirituale che tocca le corde dell’anima; possiamo anche mettere a nudo le nostre paure ed espandere le nostre certezze, sentendoci parte di qualcosa di molto più grande.
Oggi si parla tanto di precariato. In un certo senso, anche chi fa musica risente di questo clima d’incertezza?
M: Io credo che chi decide di fare musica, professionalmente parlando, debba avere la consapevolezza di fare un grande salto nel buio e avere la speranza di trovare una possibile luce nel corso degli anni e delle esperienze maturate. Credo che alla base della costruzione di un percorso artistico ci debba essere incoscienza e spregiudicatezza, così come la consapevolezza che dubbi e incertezze ti accompagneranno per il resto della tua vita.
In questi anni, l’artista viene spesso a contatto con la tecnologia. Come ti poni davanti ai vari strumenti tecnologici?
M: Sono senz’altro molto favorevole all’utilizzo della tecnologia applicata alla musica, che però non può e non deve sostituirsi alla capacità artistica. In uno studio di registrazione, ad esempio, la tecnologia digitale ha ormai sostituito l’analogico, fornendo strumenti straordinari. Processatori, equalizzatori, mixer facilitano la registrazione, la cattura del suono e la sua riproduzione, ma bisogna andarci cauti e non pensare che la macchina possa sostituirsi alle capacità emotive e all’immaginazione nel momento della creazione. Significherebbe violare lo stesso spirito artistico e diventare un peccato mortale inteso come morte della capacità creativa stessa.
Canzone e poesia. Pensi ci siano dei punti in comune?
M: Quando un poeta si mette a servizio di una composizione musicale, e quando un compositore adatta un brano alle parole di un poeta, si crea il binomio perfetto e nascono dei tesori. Io sono alla perenne ricerca di questi tesori da interpretare. In Italia abbiamo tantissimi esempi: Fabrizio de Andrè, Luigi Tenco, Domenico Modugno, Ivano Fossati, Franco Battiato e lo stesso Mogol hanno scritto poesie come testo di canzoni.
Pensiamo anche all’opera di Jacques Brel oppure di Piaf in Francia e a quella, in Brasile, di Vinicius de Moraes che ha messo la sua poesia a servizio del maestro Antonio Carlos Jobim e Baden Powell. Canzoni capolavoro perché opere poetiche, in un connubio perfetto e sinergico di parole e musica che acquisisce forza popolare e raggiunge intere generazioni.
Preferisci il lavoro in studio o l’esibizione live?
M: Ho 35 anni di professione. In studio ho registrato molti album e accumulato altre esperienze con collaborazioni e duetti con altri artisti. Per me lo studio è sacro. Quando entri in studio, specialmente in questi ultimi anni, hai la consapevolezza che stai per realizzare qualcosa che rimane e che potrà essere ascoltato e consumato in qualsiasi parte della terra. Io sento questa responsabilità. Cerco quindi di svincolarmi da tanta pressione e di mettere a frutto tutta la mia esperienza, facendo confluire le emozioni verso qualcosa di tangibile che abbia un corpo e un valore assoluto per me. Invece nel live c’è la possibilità di avere un’interlocuzione con il pubblico e quindi ogni volta è diverso. Forse c’è più calore? Forse il messaggio è più diretto? Non lo so. Io sono onesta e sincera in entrambe le esperienze. Ma se proprio fossi costretta a scegliere, rinuncerei probabilmente allo studio pensando all’emozione del palcoscenico e all’incontro con il mio pubblico.
Cos’hai provato la prima volta che sei salita su un palco per cantare?
M: Avevo poco meno di dieci anni e la mia prima volta è stata in un festival per bambini, in un paese vicino al mio, a Camerino, in provincia di Macerata, nelle Marche. Sentii una grande emozione, perché avevo una voce possente molto, più grande del mio corpicino abbastanza gracile. I miei non mi diedero il consenso e quindi partecipai a questo festival accompagnata da una mia zia. Ricordo che mi piacque tantissimo stare al centro dell’attenzione, e vinsi il festival. Quando sentii chiamare il mio nome, ricordo perfettamente che pensai di essere diventata famosa e cominciai subito a preoccuparmi perché avrei dovuto spiegarlo o nasconderlo ai miei genitori.
La musica rende uguali? E pensi possa unire i popoli?
M: Posso rispondere dicendo ciò che io mi aspetto dalla musica. Come risultato della mia esperienza musicale posso affermare di sì, la musica ci unisce, ci rende uguali e aumenta moltissimo la nostra capacità di comunicazione. La musica ha potere, ci dona la libertà, ci fortifica e accomuna le nostre emozioni, soprattutto quando impariamo ad ascoltare, quando ci mettiamo in gioco, quando vogliamo divertirci e quando abbiamo la volontà di condivisione. Ecco, in questi casi la musica ci corre incontro e ci dà la possibilità di realizzare una “community” di intenti e di felicità.
Cosa consigliare a chi desidera avvicinarsi alla tua musica?
La mia musica, che poi è la nostra musica, perché è pensata, creata, prodotta da me, dai miei collaboratori e musicisti, è una musica che coinvolge tutti i sensi. Posso dichiarare che è una musica trasparente, molto onesta. Nel live può essere ascoltata anche solo chitarra e voce e riesce a trasmettere tanta verità ed energia, un’energia passionale, tribale. È anche musica da vedere, essendo molto colorata con i colori della natura, quindi può essere considerata un buon antidoto alla tristezza e all’abbandono. Mi piace dire che la mia musica è esortativa e che riempie il cuore di bellezza.
Per ulteriori info:
Official Website: https://mafaldaminnozzi.com
Instagram: https://www.instagram.com/mafalda_minnozzi/
Twitter: https://twitter.com/fadamafalda