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Source: Gazzetta.it
Nuova intervista con Enrico de Angelis
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- Published on Giovedì, 05 Novembre 2020 08:14
- Scritto da Andrea Turetta
- Visite: 966
E’ prevista per il 14 novembre l’uscita del volume, “COLTIVO UNA ROSA BIANCA - Antimilitarismo e non violenza in Tenco, De André, Jannacci, Endrigo, Bennato e Caparezza”. E così, Enrico de Angelis, giornalista, storico della canzone, che ha operato all’interno del Club Tenco dall’anno di fondazione, il 1972, e ne è stato per vent’anni il direttore artistico, ci presenta questa nuova opera letteraria edita da Vololibero Edizioni. Ricordo che i proventi di questo libro saranno devoluti al Movimento Nonviolento. Ecco l’intervista gentilmente rilasciata dall’autore…
La canzone d’autore spesso tramette dei valori, ci porta a conoscere situazioni storiche ecc. Nel volume “Coltivo una Rosa Bianca”, notiamo che la canzone d’autore si sposa con pacifismo e nonviolenza…
È certamente un filone che la canzone d’autore moderna, quella formatasi all’inizio degli anni ’60, ha subito percorso, con piglio responsabile e innovativo. Non era certo un tema trattato nelle canzoni precedenti, se non quelle di tradizione popolare. Ciò ha aperto alle generazioni come la mia intuizioni e prospettive fino ad allora assenti, anche perché nemmeno la scuola le aveva coltivate. Come scrivo nel libro, la scuola mi ha insegnato molte guerre ma non mi ha insegnato la pace.
Come hai scelto i sei autori da analizzare in questo volume?
Direi con un criterio meramente quantitativo. S’intende partendo dal presupposto di considerare autori di qualità, ma all’interno di questi ho individuato semplicemente quelli che in canzone hanno toccato spunti di antimilitarismo e nonviolenza in misura più massiccia e con continuità mai abbandonata per tutta la loro carriera. Ci sono certamente altri cantautori di grande pregio che hanno toccato quegli argomenti, pensiamo a Guccini, De Gregori, Fossati, Vecchioni, Silvestri… ma quei 6 che ho scelto l’hanno fatto con un’insistenza e una coerenza sorprendenti.
C’è qualche altro autore che ti sarebbe piaciuto esaminare?
Vorrei farlo ora, e magari lo farò, con autori delle generazioni più recenti, non più i “classici”, ma frugando nei testi dei cantautori e dei rapper più giovani in cerca degli stessi valori.
Come ricorda Luigi Ciotti nella prefazione, la musica può essere vista come fonte di piacere ma anche come veicolo di riflessione…
Nella musica, e specificatamente nella canzone, come in qualsiasi espressione artistica, possiamo trovarci di tutto: sentimento e pensiero, lucidità critica e abbandono sensuale, realismo e sogno, divertimento e spleen, gratificazioni e problematiche, rassicurazioni e dubbi… In due parole, anche la canzone, come la poesia o il cinema o l’arte figurativa, può farci in egual misura ridere e piangere.
Dal libro possiamo capire che c’era amicizia tra Luigi Tenco e Fabrizio De André, non un caso quindi se Tenco scelse d’interpretare, “Ballata dell’eroe”?
Sì, i due erano amici. E Tenco decise di inserire quella canzone dell’amico nel film “La cuccagna” con la precisa consapevole intenzione di far conoscere un collega ancora sconosciuto che meritava di essere ascoltato.
E parlando di Luigi Tenco, come non ricordare che sei stato direttore artistico del Club Tenco dal 1972… Un’esperienza importante immagino…
Ho collaborato al Club Tenco fin dal giorno dell’inaugurazione, il 1972, chiamato dall’indimenticabile Amilcare Rambaldi a tracciare un profilo di Luigi Tenco dal palco dell’Ariston in quella serata inaugurale. Ero un ragazzo e mi batteva al cuore. Sono stato a fianco di Amilcare fino alla sua morte nel 1995, dopodiché ho curato la gestione artistica del Club fino a quando, tra il 2016 e il 2017, ho preferito dare le dimissioni. Dunque 45 anni della mia vita al servizio della canzone di qualità, come puro volontariato, ma con la fortuna di poter affiancare questa passione col mio lavoro di giornalista, percorrendo press’a poco lo stesso cammino. Potete immaginare quanto abbia inciso in me questa esperienza, dal punto di vista sia artistico che umano.
La censura dell’epoca ha colpito in più occasioni dei brani d’autore che poi hanno dovuto essere rimaneggiati nel testo… e non sempre è bastato per vederli pubblicati…
Dobbiamo innanzitutto chiarire che cosa si intenda per censura. Nell’Italia democratica sviluppatasi dopo la guerra la censura, di per sé, non esiste. Quando nel linguaggio comune si parla di censura ci si riferisce di fatto, quasi sempre, al boicottaggio di opere artistiche da parte della Rai, per iniziative autonome e unilaterali di questa azienda. Ovviamente sono fatti comunque gravi, perché impediscono a tali opere di diffondersi attraverso i canali principali di comunicazione come sono la radio e la televisione. Questo non impedisce, per esempio, a una canzone che non passerà in radio e tv di essere comunque incisa su un disco e di essere conosciuta da una fetta attenta del pubblico. A volte è però la stessa industria discografica che preclude a un artista la possibilità di pubblicare certi brani, e anche qui si parla impropriamente di censura; in questi casi il “veto” nasce non tanto da reali remore di tipo morale o politico, ma più che altro dalle scarse potenzialità commerciali che un brano “imbarazzante” presenterebbe, almeno nella logica dei discografici. Il tema dell’antimilitarismo ha effettivamente conosciuto boicottaggi di questo genere, sia del primo caso che del secondo, e nel libro faccio vari esempi. Tuttavia, trattandosi qui di autori di grande spessore etico e ideologico, quasi mai essi hanno accettato di rimaneggiare i loro testi, preferendo affidare i loro pensieri in musica, senza tradirli, ad altri canali, come appunto il disco quando hanno potuto, o altrimenti a quello spazio infallibile che è il concerto dal vivo.
Parlando di storie di uomini e di guerra, difficile non accennare a Fabrizio De André che parlava anche di pace terrificante…
Come dicevo prima, nei cantautori molti di noi hanno scoperto il concetto della pace, ma pian piano abbiamo poi messo a fuoco anche quel concetto parallelo che Fabrizio esprime così bene con l’espressione “pace terrificante”. Non basta osteggiare la guerra, bisogna anche capire che cosa sia la pace. Una pace iniqua, indigente, oppressa, omologata non è pace. È una pace vera che si dovrebbe soprattutto cantare.
Prima dicevamo dell’amicizia tra De André e Tenco. De André dedicò all’amico, “Preghiera in gennaio”… Cosa pensi avessero in comune questi due autori?
Be’, innanzitutto avevano in comune l’autenticità. Entrambi scrivevano quel che veramente pensavano e in cui credevano. Di conseguenza erano accomunati dalla coerenza, dall’onestà intellettuale, dal rispetto per se stessi e per gli altri, per l’uomo insomma. Quando in “Preghiera in gennaio” Fabrizio canta di “quelli che han vissuto con la coscienza pura”, senza volerlo sta parlando anche di sé. “L’odio e l’ignoranza” citati nella canzone sono bersagli mirati da entrambi.
Cosa consigliare a chi desidera avvicinarsi ai tuoi libri ed in particolare a “Coltivo una Rosa Bianca”?
I miei sono libri un po’ da filologo e un po’ da giornalista, ma pur sempre divulgativi, per cui… che dire? Credo che ognuno possa avvicinarcisi con disinvoltura, recependo quel che vuole e trascurando quel che può annoiarlo… Spero soprattutto di incuriosire il lettore. Nel libro io cito complessivamente 177 canzoni, anche cosiddette “minori”: più che riportare alla memoria del lettore certe canzoni che conosce già, per me sarebbe una grande soddisfazione fargli scoprire invece quelle di cui nulla sapeva, fossero anche tre o quattro. Ma mi permetto di azzardare che probabilmente saranno molte di più, perché effettivamente, per quanto si tratti di “canzone d’autore”, anche in questo caso l’industria culturale ha comunque sempre preferito insistere sul già collaudato, sul “già noto”, sul “déjà entendu”.
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