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Source: Libero Quotidiano
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Source: Repubblica.it > Homepage
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Aperta un'istruttoria sulla raccolta illecita dei dati degli utenti. La società Usa rischia una multa salata
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Source: Gazzetta.it
Intervista con LaRizzo
- Dettagli
- Published on Mercoledì, 30 Settembre 2020 11:27
- Scritto da Andrea Turetta
- Visite: 770
Attraverso “Fogli che raccontano”, LaRizzo, descrive il suo percorso artistico, raccogliendo i brani più rappresentativi di 10 anni. La vocalità versatile, ma di chiara impronta blues/soul, si fonde con sonorità vere che strizzano l’occhio al purismo acustico e si rivolgono ai più esigenti ascoltatori di produzioni High End. Il genere musicale può indentificarsi come una world music d’autore con contaminazioni jazz, sud americane ed etniche. Sotto la direzione artistica ed esecutiva di Riccardo Samperi (Sound Engineer di numerosi artisti nazionali ed internazionali, Grindie Awards - Indipendent Artist Music Award, www.trpmusic.com ) e Edoardo Musumeci (Tinturia, Red Canzian), vedono la partecipazione di musicisti conosciuti nel panorama musicale nazionale quali: Peppe Tringali alla batteria e Alberto Fidone al contrabbasso (Urban Fabula, Gegè Telesforo, Fabrizio Bosso), Edoardo Musumeci alle chitarre (Tinturia, Red Canzian), Special Guests: Gionata Colaprisca alle percussioni (Samuele Bersani, Lucio Dalla); Massimo Greco alla tromba (Zucchero, Ligabue, Neffa); Mario Pappalardo al rhodes (Mariella Nava, Giovanna D’Angi); Teresa Raneri backing voice (Mario Venuti , L’ArmA). Ecco l’intervista gentilmente rilasciata dall’artista…
“Fogli che raccontano”, nasce dal tuo percorso musicale ed esperienze fatte fino ad oggi…
Come l’ho definito più volte, “Fogli che raccontano” è una sorta di diario che custodisce esperienze musicali e di vita. Per questo la scelta di inserire nell’album i brani in ordine di scrittura, per permettere all’ascoltatore di immedesimarsi e far parte di un viaggio.
Il brano, “Sono Frammenti” è stato scritto a 4 mani con il leader degli Sugarfree Matteo Amantia. Com’è nata la vostra collaborazione?
Scrivere di sé non è facile all’inizio, per questo motivo credo sia stato naturale andare alla ricerca di qualcuno che mi aiutasse a mettere ordine nei miei appunti. Con Matteo abbiamo lavorato diversi mesi insieme, dando anche vita ad un lavoro che però non ha visto mai la luce. Crescendo ho capito che la sua direzione non era la mia, da qui la scelta di accantonare il lavoro fatto e prendermi una pausa. Sono partita per l’Irlanda ed ho scoperto totalmente la mia scrittura.
Alcuni pezzi sono stati infatti scritti a Dublino. Una città che ti è stata particolarmente d’ispirazione?
L’Irlanda mi è rimasta nel cuore. Il periodo in cui ho vissuto a Dublino è stato sicuramente uno dei più importanti della mia vita che mi ha permesso di riconnettermi a me stessa.
Ogni angolo della città, ogni ponte del Liffey River, ogni parco, mi ha fatto fermare, riflettere e scrivere.
Oggi, sembra contare sempre più l’apparire dell’essere… Anche in ambito artistico. C’è un po’ da preoccuparsene?
L’apparire è un po’ la malattia della società moderna, in tutti gli ambiti, non solo in quello artistico. La maggior parte delle persone si sente influenzata dai messaggi che arrivano dai media e reagisce alla nuova realtà creata dai social. C’è l’illusione di essere connessi con il mondo, in realtà si è sempre più soli. Omologarsi permette di farsi sentire accolti, meno vulnerabili, esenti dalla critica. Così avviene anche nell’arte. Se appaio come lo show business desidera che io sia, avrò più possibilità di successo… perché in fondo, oggi, conta solo quello.
Cosa ricordi dei tuoi inizi?
Ricordo di aver sentito subito la necessità di esprimermi attraverso il canto e la musica. Ricordo la fortuna di avere avuto una famiglia che mi ha sostenuto da subito. Ricordo la paura di salire sul palco che si trasformava nella sensazione meravigliosa di essere trasportati nel mio fantastico mondo, sensazione, tra l’altro, che provo ancora oggi.
Come trovi cambiato da allora ad oggi, il mondo delle sette note?
Prima ci si avvicinava alla musica per necessità, per la voglia di comunicare e trasmettere emozioni, si studiava e non ci si sentiva mai pronti. Oggi forse c’è un pizzico di incoscienza in più (che in alcuni casi non guasta), ma a volte passa il messaggio che diventare un musicista sia semplice, basta guardare un tutorial su youtube, imparare 4 accordi, registrare a casa una canzone… ed il gioco è fatto.
Quali credi debbano essere le qualità di un buon autore di canzoni?
Essere vero. Non è questione di scrittura, quella può piacere o no. L’importante è essere sinceri.
Pensi stiamo uscendo dal periodo di crisi o di profonda trasformazione che ha assalito il mondo della discografia?
Vorrei dire di si. Sicuramente si stanno trovando nuovi strumenti, come lo streaming, per porre rimedio al lungo periodo in cui la musica si poteva ascoltare e scaricare gratuitamente. Il periodo non è dei più rosei, ma cerchiamo di essere fiduciosi.
La semplicità è la maniera migliore per un artista, di arrivare al cuore dell’ascoltatore?
Ne sono assolutamente convinta. Semplicità e, come ho già detto, sincerità.
L’Arte e chi la fa, in questo nostro paese sembra non godere di grande considerazione… Pensi potranno mai cambiare le cose?
Probabilmente è un retaggio culturale. Una terra che ha dato i natali ai più grandi artisti della storia (in tutti campi), è quella che meno la valorizza. Probabilmente dovremmo ripartire dalla scuola. Tornare ad educare al bello. Allontanarsi dall’idea che la storia dell’ arte e la musica siano mere materie scolastiche e coltivare il senso di appartenenza al nostro patrimonio artistico-culturale. Forse solo così, le future generazioni, torneranno ad occuparsi degli artisti e delle loro creature con rispetto.
Cosa consigliare a chi desidera avvicinarsi alla tua musica?
Di avere mente libera e cuore aperto.