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Il fenomeno del mukbang è arrivato anche in Italia. Cos'è e perché fa discutere
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Il governo sta per finanziare con 400 milioni di euro il risanamento dell’area di Bagnoli (Napoli), ma basandosi su documenti[…]
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Driver of change: uno slogan di quelli potenti. Una speranza di quelle ben riposte. Parliamo del bisogno di impegnarsi per[…]
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Source: Gazzetta.it
Intervista con Benedetta Raina
- Dettagli
- Published on Venerdì, 22 Gennaio 2021 09:43
- Scritto da Andrea Turetta
- Visite: 640
“CANZONI D’AMORE” (Noize Hills Records), è il nuovo brano di BENEDETTA RAINA, una cantautrice classe 2001 di Alessandria, collocabile nel panorama musicale dell’indie-pop italiano. Ecco l’intervista che ci ha gentilmente rilasciato…
Quali sono i tuoi ricordi legati alle prime esperienze musicali?
Benedetta: Tornare a casa da scuola e correre davanti al computer per cercare i Karaoke delle canzoni di Disney Channel. Forse è un ricordo che ora fa sorridere, ma è come è iniziato il mio amore per la musica.
E’ stata laboriosa la lavorazione del tuo nuovo singolo, “Canzoni d’amore”?
Mi ci è voluto quasi un anno per trovare le parole, dando a ciascuna di loro il giusto peso e collocandole senza darle per scontate. Troppo spesso scrivendo canzoni d’amore si parla delle solite cose cliché, ed era il mio più grande timore.
Quanto è importante per una giovane artista, poter contare sulla fiducia degli addetti ai lavori oltre che del pubblico?
Direi fondamentale, forse ancora di più. Alla fine noi artisti dobbiamo tutto a chi ci dedica tempo e fiducia, investendo nei nostri progetti. Io da questo punto di vista sono stata molto fortunata e ne sono grata.
In linea di massima, come nasce una tua canzone?
A volte da un momento in cui ho un’idea particolare, a volte frutto di tanta pratica e giornate passate a scrivere, suonare e studiare. Solo ultimamente ho capito quanto l’ispirazione sia da cercare e non da aspettare, prima vivevo l’essere cantautrice come qualcosa di magico, che arriva da sé; sono dovuta crescere un po’ per capire che come tutto va affrontato come un lavoro.
Comporre una canzone è una forte responsabilità?
Dipende dal pubblico che si ha, ma bisogna sempre considerare anche quello potenziale. Proprio per questo ci tengo a pesare ogni parola, per avere sempre modo di ritrovarmi e far ritrovare in quello che canto... Molto spesso si scrive solo per sfogare sé stessi, ma alla fine le canzoni sono di chi le ascolta, dobbiamo sempre tenerlo a mente.
Ami maggiormente il lavoro di preparazione al disco oppure il portare le canzoni sui vari palchi durante i concerti?
Amo tutti e due allo stesso modo, infatti il secondo mi manca come l’aria. Non vedo l’ora di poter vivere ancora l’emozione di portare le mie canzoni davanti ad un pubblico. Almeno il tempo per costruire e far uscire musica è tanto, ma non potendo farsi conoscere direttamente diventa meno divertente.
Musica è arte. In Italia pensi se ne sia consapevoli?
Rispondendo in breve: no. Assolutamente no. L’arte è un bene primario, l’intrattenimento è tutto ciò che ci portò avanti nel primo lockdown e anche negli altri. Nonostante questo il mondo dello spettacolo è sempre il primo ad essere colpito ogni volta che le cose iniziano a peggiorare, e non è un caso. Mi sono sempre chiesta ad esempio perché l’arte nel nostro paese abbia meno importanza dello sport… Non ci voglio pensare troppo che poi mi arrabbio.
Oggi per chi fa musica, sembra contare sempre più l’immagine…
Assolutamente, poi in particolare adesso, in un momento in cui i social sono l’unico modo per mostrarsi al pubblico. Di questo però non mi lamento perché in fondo credo sia abbastanza naturale, è sempre stato così. Non si può pretendere di esporsi senza un’immagine accattivante, quello conta tantissimo per avere un’identità e crearsi una propria nicchia, almeno tanto quanto conta la musica.
Musicalmente parlando, credi sia in atto una rivoluzione in questi ultimi anni?
Qua in Italia mi sento tristemente di dire di no. Finalmente si sta dando il giusto riconoscimento ufficiale al mondo dell’Indie, mi fa piacere vedere artisti non convenzionali tra i Big di Sanremo di quest’anno ad esempio. Oltre a questo, sfortunatamente, siamo sempre almeno 5 anni indietro al resto del mondo per quello che viene considerato mainstream. Siamo ancora bloccati in quella Trap (che ora sta regredendo addirittura a Drill) che in America andava di moda 5 anni fa, mi piacerebbe vedere qualcosa di più azzardato. Gli unici artisti italiani che fanno qualcosa che si discosti dal puro indie o dalla trap al momento sono i Sxrrxwland, e ovviamente sono super underground. Ho molta fiducia nella mia generazione comunque, tireremo fuori qualcosa di nuovo,
Quali sono le tappe della tua formazione artistica, cui tieni di più?
Credo siano stati fondamentali i miei 16-17 anni. Lì ho proprio accumulato la maggior part della mia cultura musicale. Penso a mesi passati ad ascoltare i Nirvana, i Radiohead, i Cure. Sono anni in cui ho scoperto ed approfondito la musica del passato, mi mancano.
Ti sei fatta un’idea di quale tipologia di pubblico ti segue?
Ho un pubblico ancora troppo ridotto per poter tirare le somme, ma sicuramente ho un’idea ben precisa del pubblico che voglio attirare: la mia generazione.
Per chiudere, c’è qualche suggerimento che ti sentiresti di dare a chi desidera seguire una carriera di tipo artistico-musicale?
Rischiare, osare. Non c’è troppo tempo per continuare a fare quello che fanno tutti, le mode sono in continua evoluzione, quindi tanto vale esporsi fin da subito.
Per ulteriori info: