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Source: Repubblica.it
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Source: Gazzetta.it
Paolo Venturi e Flaviano Zandonai - Spazio al desiderio
- Dettagli
- Published on Martedì, 18 Febbraio 2025 16:32
- Scritto da Andrea Turetta
- Visite: 51
Risorse, idee, tecnologie, talenti, consapevolezza dei nostri problemi e, perfino, delle possibili soluzioni: in apparenza, gli ingredienti per dare vita a un’innovazione in grado di migliorare davvero la nostra società ci sono tutti. Eppure, al tempo della “grande defezione”, manca qualcosa: il desiderio. Secondo Paolo Venturi e Flaviano Zandonai, infatti, non nascerà nessuna soluzione nuova (o non durerà così a lungo) se manca «chi» la desidera così tanto da farla accadere. Così, in un nuovo saggio edito da Egea, gli autori riflettono sul potere delle aspirazioni per generare innovazione e giustizia sociale. Lanciando un appello a fare “Spazio al desiderio”. Venturi e Zandonai partono da un presupposto incontrovertibile, ma spesso sottovalutato: al centro delle nostre azioni, relazioni e decisioni, c’è un surplus capace di alimentare cambiamenti e trasformazioni, non decifrabile unicamente secondo una visione biologica. Socialità, management, imprenditorialità e politica dipendono dal «fattore desiderio». La creazione di valore ha infatti bisogno tanto di competenze quanto di significati. Eppure, viviamo in un’epoca storica in cui, soprattutto nel nostro paese, il cambiamento sembra avvenire non per una qualche volontà di rivolgimento che necessariamente richiede di mobilitare risorse ed energie fondate sul desiderio, ma piuttosto per effetto di un collasso dovuto a una «grande defezione» che porta un numero crescente di persone a ritirarsi dai principali contesti di vita: il lavoro, la partecipazione civica, la politica. Il tutto per rifugiarsi in un sé a sua volta impoverito proprio nella componente di desiderio, tanto da risolversi in micro-comportamenti che sanno di palliativo piuttosto che di autentica capacità di cura del sé e di un noi. Oggi più che mai, al contrario, occorrerebbe ripartire dal desiderio inteso non solo come pratica introspettiva finalizzata alla crescita personale, creando le condizioni affinché l’energia sorgiva di ciò che è desiderato diventi un processo collettivo che si manifesti in percorsi capaci di cambiare l’architettura del sistema sociale: le politiche, le organizzazioni, le reti e le loro principali funzioni. Ma quali direzioni intraprendere per uscire dall’entropia del desiderio e liberarne il potenziale? In primo luogo, secondo gli autori, è fondamentale mettere in discussione le principali modalità attraverso cui si interpreta il movente dell’agire, ovvero gli interessi e i bisogni. In secondo luogo, è doveroso «deporre le armi» rappresentate da strumenti gestionali e forme societarie che in questi anni sono state utilizzate per promuovere e gestire l’innovazione tecnologica e anche sociale, emancipandola dal dominio della tecnica che l’ha fin qui fagocitata anche nelle sue componenti di natura processuale e soft. Se in passato l’innovazione sociale era una specie di derivata di quella tecnologica, ora il rapporto di forza va ridefinito. Perché l’innovazione resta un fatto sociale, incarnato cioè da persone, collettività e organizzazioni che ricercano il cambiamento come condizione di una vita migliore in armonia con i contesti ambientali in cui vivono. “Per ribaltare i modelli e le logiche che hanno fin qui soprasseduto al fare innovazione, l’ultima grande leva trasformativa rimasta è il desiderio, l’aspirazione a fare cose nuove insieme che producano impatti positivi, tangibili, duraturi e, soprattutto, ormai necessari e urgenti”, scrivono gli autori. “Una prospettiva che continuasse a sterilizzare il desiderio comprometterebbe la generatività delle azioni e delle interazioni, mettendo in crisi la sostenibilità delle transizioni sociali e ambientali faticosamente in atto. Il desiderio ci porta fuori dal nostro io, ci fa sconfinare dal nostro perimetro conosciuto e ci trasporta verso l’inatteso”. “L’innovazione sociale”, concludono Venturi e Zandonai, “è dunque tutt’altro che un fenomeno passeggero e fugace, utile magari per esigenze di mero posizionamento o di dibattito, spesso autoreferenziale, tra addetti ai lavori. È invece il vero e proprio vettore di cambiamento che anche questo libro vuole continuare ad alimentare affinché non solo i suoi esiti ma anche i suoi processi di formazione e di governo siano sociali perché di natura collettiva”.
"Spazio al desiderio" di Paolo Venturi e Flaviano Zandonai è dunque un saggio che esplora un tema fondamentale per il nostro tempo: il desiderio come motore di innovazione e cambiamento sociale. Gli autori, con uno stile incisivo e appassionato, ci invitano a riflettere su come l'assenza di desiderio possa condurre a una stagnazione della società, descrivendo un'epoca di "grande defezione" in cui molte persone si allontanano dalla partecipazione attiva, sia nel lavoro che nella vita pubblica.
Il libro si distingue per la sua capacità di superare la semplice analisi dei problemi correnti, proponendo un approccio che pone al centro le aspirazioni e le motivazioni umane. Venturi e Zandonai affermano che il cambiamento non può realizzarsi senza un forte desiderio collettivo di trasformazione, un'energia che deve essere liberata e diretta verso obiettivi comuni. L'idea che l'innovazione, per essere genuina e duratura, debba essere sostenuta dal desiderio, è un concetto che risuona profondamente, specialmente in un contesto in cui spesso ci si concentra solo su aspetti tecnici e gestionali.
Il saggio chiarisce che l'innovazione sociale non deve essere vista come una semplice conseguenza di quella tecnologica, ma come un fenomeno intrinsecamente connesso alla comunità e alle relazioni umane. Gli autori sottolineano l'importanza di ripensare le modalità con cui interpretiamo l'agire umano, invitando a "deporre le armi" delle tradizionali forme societarie e gestionali che hanno finora dominato il panorama dell'innovazione.
Inoltre, "Spazio al desiderio" non è solo un invito alla riflessione, ma un autentico manifesto per l'azione. Venturi e Zandonai ci spronano a riconoscere che il desiderio può e deve diventare una leva trasformativa, capace di generare cambiamenti tangibili e positivi. Il libro si conclude con una nota di ottimismo, affermando che l'innovazione sociale può e deve essere un vettore di cambiamento collettivo, pronto ad affrontare le sfide attuali e future in modo sostenibile.
"Spazio al desiderio" appare come un'opera stimolante e provocatoria, che offre una chiave di lettura importante per comprendere le dinamiche del cambiamento sociale. La capacità degli autori di unire teoria e pratica, desiderio e azione, rende questo libro una lettura indispensabile per chiunque desideri contribuire a un futuro migliore, più giusto e sostenibile.
GLI AUTORI:
Flaviano Zandonai, sociologo, svolge attività di ricerca, formazione, consulenza e disseminazione nel campo dell’imprenditoria sociale e del Terzo settore. Attualmente è open innovation manager presso il Consorzio Nazionale CGM, dove gestisce programmi di interlocuzione e scambio tra imprese sociali e attori dell’innovazione tecnologica.
Paolo Venturi è direttore AICCON Research Center e docente d’Imprenditorialità e Innovazione sociale dell’Università di Bologna. Da oltre vent’anni è un autorevole riferimento nel campo dell’economia civile e dell’impresa sociale, grazie alla sua produzione editoriale, alla ricerca e alla partecipazione a comitati scientifici di istituzioni ministeriali, economiche e sociali.
Spazio al desiderio – Il potere delle aspirazioni per generare innovazione e giustizia sociale
di Paolo Venturi e Flaviano Zandonai
Egea, 2024
pp. 160
€ 18,00
Per ulteriori info:
https://www.egeaeditore.it/esplora/spazio-al-desiderio-di-paolo-venturi-e-flaviano-zandonai.aspx